Multitasking sì o no? Cosa devi sapere per migliorare ciò che fai

Multitasking sì o no? Cosa devi sapere per migliorare ciò che fai

Foto di Roberto Contena

Il termine multitasking deriva dall’informatica e significa multi-processualità. Indica la capacità di un sistema operativo di svolgere più compiti contemporaneamente: trasferire dati, scaricare documenti, aggiornare programmi… È una funzione utilissima, perché permette di portare avanti un compito quando un altro, svolto in parallelo, incontra degli ostacoli che ne rallentano l’esecuzione.

 

Anche noi siamo spinti al multitasking, molto più oggi che anni fa. Mentre svolgiamo i nostri compiti riceviamo e-mail, messaggi, telefonate che interrompono il nostro lavoro. Anche molte aziende adottano programmi di messaggistica interna che permettono a chiunque di interromperci quando gli pare e richiedere la nostra attenzione. Spesso, anzi, siamo noi stessi a farlo quando sentiamo il bisogno di avere una risposta immediata. E ci sentiamo frustrati se la persona a cui abbiamo rivolto la domanda non ci risponde entro pochi minuti o secondi. Come dire: «Beh, cosa starai facendo di tanto importante per non potermi dedicare un momento?!»

Multitasking e produttività

Cominciamo col dire che il nostro cervello non lavora come un computer. Per dimostrartelo ti propongo un esercizio molto semplice, tratto dal libro “Fare il doppio in metà tempo”, di Jeff Sutherland.

 

Prendi un foglio e scrivi i numeri da 1 a 10 su una riga. Nella riga sotto scrivi i loro corrispettivi romani (I, II, III, IV…) e infine, in una terza riga, le lettere da A a L. Così:

1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10

I, II III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X

A, B, C, D, E, F, G, H, I, L

 

Bene, ora fai la stessa cosa scrivendo il primo numero/lettera sulla stessa riga. Poi, sulla riga successiva, i secondi numeri/lettere e così via… in questo modo:

1, I, A

2, II, B

3, III, C

 

Cerca di fare entrambi gli esercizi nel minor tempo possibile e misura quanto impieghi. Io ho impiegato 25 secondi nel primo caso e 34 nel secondo. Limitandomi a fare una cosa per volta anziché passare continuamente da un metodo all’altro, ho risparmiato più del 25% del tempo.

“Lo spreco è un delitto.” Jeff Sutherland

I sistemi operativi dei nostri computer riescono a passare da un compito all’altro in maniera estremamente rapida. Il nostro cervello, diversamente, ha bisogno di un certo tempo per passare da un’attività concettuale all’altra: ciò significa che questo “tempo di passaggio” equivale a uno spreco. Questo concetto si chiama context switching: il passaggio da un contesto ad un altro. Se lavori su una sola cosa fino a quando non è finita, il 100% del tuo tempo è speso su quella (contando anche le pause che ogni tanto ti prendi). Ma se devi cambiare contesto anche solo una volta, il tempo di passaggio – cioè sprecato – è circa il 20%. Se devi cambiare contesto per 3 volte il tempo che sprechi nel passaggio sale al 40%. Se sposti tempo e attenzione per 5 volte, il 75% del tempo e della concentrazione viene perso nei passaggi di contesto.

Il livello di attenzione al lavoro

Forse stai pensando: «Ok Daniele, ma non è che posso fare una sola cosa al giorno. Ricevo messaggi, e-mail e telefonate. Durante le riunioni i colleghi mi scrivono in chat e richiedono la mia attenzione. Come faccio ad ignorarli?»

Quanto ti ci ritrovi in questa situazione? Se la risposta è “per niente”, allora ti suggerisco di passare alla sezione successiva. Altrimenti, ti consiglio di continuare. Prometto che non ti farò perdere tempo.

Nell’ormai lontano 2015 – prima che le video call occupassero intere ore delle nostre giornate – la multinazionale della consulenza Accenture pubblicò una ricerca nella quale l’80% dei rispondenti ammise di fare molto altro durante le conference call, dal gestire e-mail e chat, all’usare i social e leggere notizie. E spesso più cose insieme.

Non stupisce, perciò, che ben oltre la metà degli intervistati abbia affermato che oggi è diventato più difficile ascoltare. Per più di un terzo di loro le numerose distrazioni impediscono di lavorare al meglio, con un impatto negativo sulla concentrazione, la qualità del lavoro e le relazioni.

E tutto ciò, naturalmente, ha delle conseguenze su ciascuno di noi, sulle nostre emozioni e sul nostro umore.

Gli effetti del multitasking su umore, intelligenza e memoria

Il tuo corpo genera degli ormoni. E gli ormoni influenzano il tuo umore. Ogni volta che clicchi sul tasto INVIA per spedire un’e-mail o rispondere a un messaggio; quando porti a termine un compito, quando ricevi un Like o anche solo azzerando i messaggi non letti, il tuo corpo produce della dopamina: l’ormone del piacere. Generandoti una piccola sensazione di gratifica.

 

Considera anche questo, al pari dei bambini o di animali come i gatti, la nostra attenzione viene facilmente distratta da oggetti luccicanti, come lo schermo dei nostri smartphone o una notifica sui nostri laptop. Questo stimolo ci spinge a distrarci, in cerca di una piccola dose di dopamina, portandoci a lavorare in multitasking.

 

A sua volta, il multitasking aumenta la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress, e di adrenalina, l’ormone del “combatti o fuggi”, generando ansia e annebbiando le nostre capacità cognitive. Questo causa un calo temporaneo del nostro quoziente intellettivo, abbassando la qualità del nostro lavoro. Perciò, quando lavoriamo in multitasking, non lavoriamo altrettanto bene di quando ci concentriamo su un solo compito alla volta.

 

Anche la nostra capacità mnemonica ne viene intaccata. Le informazioni che riceviamo durante il multitasking non vengono elaborate dal nostro cervello per poter essere facilmente recuperate in un momento successivo. Significa che ci illudiamo di aver ascoltato e compreso, ma le informazioni che abbiamo recepito vengono dimenticate più rapidamente.

Il circolo vizioso del multitasking

Ecco come funziona il circolo vizioso del multitasking:

 

  1. I dispositivi che usiamo sono sempre più efficaci a distrarci. Ci invogliano a soddisfare il nostro bisogno di ricevere e interagire con nuove informazioni. E ci riescono benissimo, perché questo meccanismo genera la produzione di dopamina, che ci dà una sensazione di piacere.
  2. Finiamo così col prestare attenzione a più cose contemporaneamente. Il nostro corpo genera cortisolo e adrenalina, causandoci una sensazione di ansia e agitazione. Le nostre capacità intellettuali calano, svolgiamo meno bene i nostri compiti e anche le informazioni che riceviamo le ricordiamo per un periodo di tempo inferiore.
  3. Ci scoraggiamo perché non riusciamo a fare né tutto, né bene. Ci vorrebbe qualcosa per tirarci su…
  4. Ah, ecco che arriva un’altra distrazione! Un’altra cucchiaiata di dopamina per sentirci meglio. E il cerchio ricomincia.

Multitasking e differenze di genere

Sfatiamo un mito comune: il genere femminile non sa gestire il multitasking meglio di quello maschile. È tuttavia vera una cosa, seppure non in termini generali: più spesso le donne hanno a che fare col multitasking in un modo più frustrante rispetto agli uomini. Infatti, pare che le donne usino più spesso il multitasking per necessità organizzative dovute al proprio ruolo in famiglia. Così, alla gestione degli impegni lavorativi devono conciliare – in media più degli uomini – gli impegni scolastici e sportivi dei figli, la gestione delle faccende domestiche e le relazioni con genitori e suoceri.

 

Gli uomini, diversamente, possono permettersi di lasciarsi distrarre da questioni più leggere, come il gruppo di amici, l’appuntamento del venerdì sera, la serata del calcetto e così via… Ma stiamo attenti a non generalizzare: si tratta soltanto di medie. Il fatto più rilevante è che le conseguenze del multitasking sono le stesse, indipendentemente dal genere.

Quali azioni riescono bene in multitasking

Non tutte le azioni che svolgiamo contemporaneamente ci fanno perdere tempo o peggiorano le nostre prestazioni. Se, ad esempio, canticchi sotto la doccia, non significa che perdi la concentrazione per insaponarti. Mentre guidi l’auto riesci a prestare attenzione a quel che dicono in radio, o a parlare con chi sta viaggiando insieme a te. Lo stesso vale se stai correndo o facendo esercizio in palestra.

 

Tieni conto, però, che questo genere di “accoppiamenti” sono fra azioni che coinvolgono parti diverse del cervello: una richiede un impegno intellettuale, l’altra un impegno fisico. Inoltre, guidare, correre e insaponarsi sono attività i cui gesti sono automatici, li svolgiamo senza pensarci consapevolmente. Certo, sempre che tu non abbia appena preso la patente.

I pro del multitasking

Sono molti i motivi, provati da studi e ricerche, che ci suggeriscono di limitare il multitasking. Ma ci sono anche dei fattori di contesto che ci spingono ad usarlo, perché se ne facessimo a meno saremmo d’intralcio alla produttività di un gruppo di lavoro. David Silverman, imprenditore e autore, motivò la propria posizione in difesa del multitasking esponendo le sue ragioni in 4 punti:

 

  1. Ci aiuta a dare e ricevere informazioni importanti più velocemente – Se, ad esempio, per proseguire un lavoro hai bisogno di un’informazione che impiegheresti tutto il pomeriggio a ricavare, allora è opportuno chiedere a qualcun altro che ne è già in possesso. Anche se quest’altra persona era impegnata a fare altro, il tempo che spende per darti l’informazione e poi tornare sul proprio lavoro sarà certamente meno del tuo intero pomeriggio.
  2. Ti evita di perdere tempo – Prendi l’esempio precedente. Se in attesa di ricevere l’informazione che hai chiesto, non ti fossi messo a lavorare su altro, avresti perso un sacco di tempo. E il tempo, si sa, è prezioso.
  3. Ti permette di spostare l’attenzione quando sei bloccato – Se un ostacolo difficile da superare ti impedisce di andare avanti in un compito impegnativo, può esserti d’aiuto concentrarti su qualcos’altro di più facile. In questo modo darai tempo al tuo subconscio per elaborare le soluzioni per superare l’ostacolo. Così facendo, avrai massimizzato la tua efficienza e svolto due compiti anziché uno soltanto.
  4. Più sei in alto nell’organizzazione, più è importante il multitasking – Se stai tinteggiando casa e sei in cima ad una scala, è bene che tu rimanga concentrato su quel che stai facendo. Ma se sei il responsabile del cantiere, devi stare attento affinché i lavori del tinteggiatore, dell’idraulico, dell’elettricista – e di quel tizio che manovra una gru gigante – siano coordinati. Non vorrai mica che l’idraulico salti in aria mentre l’elettricista e il tinteggiatore vengono colpiti da un blocco di cemento appeso alla gru! Certo che no.

Questo significa che essere capaci di spostare la nostra attenzione da un compito ad un altro è davvero importante, e rappresenta un significativo valore aggiunto che possiamo tradurre in maggiore efficacia. Arriviamo dunque alle conclusioni…

Conclusioni: multitasking sì o no?

Tiriamo le somme. Ebbene, abbiamo prove scientifiche che dimostrano che il multitasking è inefficiente, peggiora la qualità delle nostre prestazioni e delle nostre relazioni. Indipendentemente dal tuo genere.

 

Beh, ma allora perché siamo ancora qui a parlarne? Perché la parola multitasking può avere diversi significati per ciascuno di noi. Ciò che una parola vuol dire per me, non è detto che voglia dire lo stesso per te.

 

Ciò significa anche che i pro e i contro del multitasking visti finora non sono del tutto in conflitto fra loro:

 

  • se per multitasking intendi dire la capacità di avere una visione d’insieme delle attività che devi supervisionare, o avere una conoscenza multidisciplinare per supportare il lavoro di diverse persone, allora… lunga vita al multitasking
  • se per multitasking intendi dire la capacità di fare più cose contemporaneamente – o di spostare spesso l’attenzione da un compito all’altro senza sprechi – allora hai prove sufficienti per sapere che limitare il multitasking può portare beneficio alla tua produttività, alle tue emozioni e alle tue relazioni

La scelta è in mano tua.

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